DECRITTAZIONE DEI CRITTOGRAMMI MONOALFABETICI:
la sostituzione letterale
La crittografia ha elaborato
numerosi metodi di decrittazione
. Tra i molti la decrittazione dei
monoalfabetici, dove ad ogni lettera corrisponde un
solo carattere segreto, è un metodo relativamente
facile, che richiede la conoscenza delle varie
frequenze delle lettere
nelle varie lingue.
Si basa sull'esame delle
frequenze delle sequenze dei
crittogrammi e sulla ricostruzione dei bigrammi
e dei trigrammi più frequenti nella lingua. Pertanto
è un metodo abbastanza sicuro, purché il testo non sia
eccessivamente corto, essendo composto da un messaggio
di meno di trenta lettere.
La decrittazione dei monoalfabetici sarà facilitata
dalla conoscenza di una parola del testo chiaro.
Dato un testo cifrato, si procede eseguendo una
statistica sulla
frequenza delle lettere
presenti e si costruisce un grafico disponendo
i caratteri in ordine decrescente.
I caratteri
più frequenti nel crittogramma, saranno le lettere più frequenti nella lingua.
Si passa quindi alla determinazione delle vocali. Ciò richiede la costruzione di un grafico che rappresenti la frequenza della successione di ogni lettera con quella più frequente.
Il confronto di questo grafico con quello normale della lingua suggerirà una separazione più netta tra le lettere più frequenti, facendo distinguere abbastanza sicuramente le vocali dalle consonanti.
Si individuano le supposte vocali esaminando le sequenze tra loro, che corrispondono ai dittonghi e ai trittonghi del testo chiaro. Fatto questo si passerà alla ricerca dei bigrammi e poi dei trigrammi, poi delle parole più probabili che sono suggerite dall'esame del testo in questione.
Decrittazione della tavola di Vigenere:
Il metodo Kasiski
Il cifrario di Vigénère è stato
per secoli considerato inattaccabile, ma si tratta in verità di una cifra piuttosto debole; consideriamo infatti l'esempio seguente
Testo chiaro - ARRIVANOIRINFORZI
Verme - VERMEVERMEVERMEVE
Testo cifrato - VVIUEVRFDMIJFDDDM
Le due R di ARRIVANO vengono cifrate la prima con una V la seconda con una
I come deve essere in un cifrario polialfabetico. Ma le due A vengono invece
cifrate con la stessa lettera, la V. Come mai? Il motivo è evidente: le due A
si trovano a cinque caratteri di distanza l'una dall'altra e cinque è proprio la
lunghezza del verme! Di fatto il codice di Vigenere si riduce qui a
cinque codici di Cesare intercalati.
Il primo a rendersi conto di questa debolezza del codice di Vigenere fu il colonnello
prussiano Friedrich Kasiski, che nel 1863 pubblicò un libro che conteneva
un metodo di decrittazione della tavola di Vigenere.
L'attacco alla Kasiski si basa sull'osservazione che in un crittogramma alla Vigenere
si trovano spesso sequenze identiche di caratteri a una certa distanza l'una dell'altra;
questo avviene evidentemente per il motivo esposto sopra; se p.es. usando la
chiave VERME come sopra si scrive due volte la preposizione DEL a 30 caratteri
di distanza questa sarà cifrata in modo identico essendo 30 un
multiplo della lunghezza del verme che è 5.
Se allora si individuano tutte le sequenze ripetute (e in un testo lungo o
in più testi se ne troveranno molte) allora è
pressochè certo che il massimo comun divisore tra le distanze tra
sequenze identiche è la lunghezza della chiave, o tutt'al più
un suo multiplo.
Una volta individuata la lunghezza n del verme, il messaggio si
riduce a n messaggi intercalati, tutti cifrati con un
codice di Cesare
ed è allora molto facile completarne la decrittazione.
La conclusione è che la cifra di Vigenere è affidabile
solo quando il verme è di lunghezza comparabile a quella
del testo e viene cambiato molto spesso, cosa che comporta
problemi pratici non indifferenti (trasmissione e cambiamento
della chiave richiedono un canale di comunicazione assolutamente
sicuro).
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