2. Estrazione degli acidi nucleici
Analizzeremo alcune metodologie che permettono di poter isolare gli acidi nucleici per poterli studiare in seguito.
L’isolamento e la purificazione degli acidi nucleici sono i primi delicati passi nella maggior parte delle applicazioni di biologia molecolare.
L’ottimizzazione dell’estrazione dipende:
Ø dal tipo di acido nucleico che si vuole isolare (per esempio singola o doppia catena di DNA, RNA totale, mRNA…);
Ø dalla fonte utilizzata per l’estrazione (tessuti animali o vegetali, cellule eucariotiche o procariotiche,…);
Ø dal materiale biologico contenente la fonte degli acidi nucleici usato per l’estrazione (organo intero, sangue, siero, plasma…);
Ø dall’applicazione prevista post-estrazione (PCR, clonaggio, restrizione enzimatica, Southern blotting...)
Indipendentemente dalla tecnica di estrazione usata, essa deve rispondere a due requisiti principali: la resa e la purezza, intesa sia come presenza in soluzione dell’acido nucleico in esame, sia come assenza di sostanze contaminanti che, legandosi ai reagenti in soluzione, potrebbero modificare i risultati del sequenziamento.
Dopo aver scelto il campione biologico da cui estrarre il materiale genetico, il percorso di estrazione e purificazione prevede quattro fasi:
1. Lisi delle cellule. La dissoluzione della cellula (distruzione della membrana) è una fase delicata in quanto risultato di due eventi contrastanti: l’esigenza di frammentare il materiale di partenza e quella di non alterare gli acidi nucleici da analizzare. I metodi tradizionali di lisi si basano su trattamenti complessi che includono la digestione enzimatica, la solubilizzazione tramite detergente o tecniche meccaniche di spaccatura.
2. Inattivazione delle nucleasi cellulari.
3. Separazione e recupero dell’acido nucleico dalla soluzione contenente il lisato cellulare. Un primo metodo per effettuare tale operazione prevede l’uso di solventi organici (come fenolo o cloroformio), che consentono la separazione degli acidi nucleici dai contaminanti (proteine); successivamente, dopo centrifugazione, gli acidi nucleici vengono recuperati in soluzione acquosa. Sono stati ultimamente sviluppati protocolli himici per la separazione e l’isolamento di frammenti di DNA realizzati in un singolo passaggio. Una seconda metodologia di separazione prevede l’adsorbimento del DNA sulla superficie di una matrice di gel di silice in presenza di sali caotropici (in commercio si trovano diversi kit di separazione basati su questo principio).
4. Precipitazione: avviene di solito in alcool etilico o isopropanolo e permette il recupero degli acidi nucleici in forma solida. Dopo lavaggio con etanolo, si ha una valutazione quali-quantitativa degli acidi nucleici estratti e quindi la loro conservazione.
Negli ultimi anni le metodologie classiche di separazione e purificazione effettuate in un laboratorio biochimico, sono state affiancate da nuove tecniche nel tentativo di rendere le procedure automatiche o realizzabili su dispositivi microfluidici integrati.
Sono stati quindi sviluppati processi di lisi termica e lisi elettrica (Fig. 2.1) su strumenti microfluidici.
Nella figura 2.1 è
mostrato, come esempio, l’effetto della lisi elettrica effettuata in uno
strumento microfluidico realizzato su vetro.
La cellula viene portata idrodinamicamente all’incrocio di due
rami presenti nel dispositivo dove viene sottoposta a un campo elettrico e
quindi ha luogo la lisi, in un tempo inferiore a 66 ms. La velocità di distruzione della membrana cellulare è correlata
all’intensità del campo elettrico applicato. L’effettivo range delle forze del campo è tra 150-500 V/cm
picco-picco, per campi di onda quadra in alternata a 50 Hz, con un offset in
continua di 300-400 V/cm.
Figura 2.1: lisi di una cellula in un campo elettrico.
La combinazione di lisi chimica ed elettrica fornisce risultati migliori. Anche nei dispositivi microfluidici, prima del sequenziamento, è essenziale che il DNA sia purificato.
Le purificazioni classiche nella maggior parte dei casi prevedono, dopo il trattamento chimico, una centrifugazione. Tale procedura non è eseguibile in automatico, per cui è necessario trovare metodi alternativi di purificazione .
Un metodo automatico di purificazione prevede l’utilizzo di particelle magnetiche ed è per questo detto “metodo di separazione magnetica” (Fig. 2.2). Esso, contrariamente alla separazione eseguita con centrifugazione, non presenta forze di taglio e quindi previene possibili danni sul materiale biologico.
Il principio di funzionamento di questo metodo di separazione è descritto nella seguente figura nei suoi passi principali:
Figura 2.2: principio di funzionamento del metodo di separazione magnetica con risalto delle quattro
fasi principali.
Una caratteristica essenziale del suo funzionamento risiede nella
morfologia delle particelle: esse hanno un’anima interna magnetica mentre la
superficie esterna è di vetro.
Analizzando la figura 2.2 vediamo che nella provetta contenente il campione lisato (fig. 2.2.A) vengono inserite, con apposita pipetta, le particelle di vetro magnetiche. Il DNA, in presenza di sale caotropico a pH > 7, aderisce alla superficie delle particelle (fig. 2.2.B). Tramite un magnete, posizionato all’esterno della pipetta, le particelle con il DNA adsorbato vengono isolate (fig. 2.2.C) e quindi, terminata l’azione del magnete, il DNA “lavato” è posizionato in un nuovo contenitore per la conservazione in attesa di essere analizzato (fig. 2.2.D).
Sono stati sviluppati anche moduli di purificazione automatici che sfruttano il principio delle particelle magnetiche come mostrato in figura:
Figura 2.3: modulo di purificazione del DNA inserito nel sistema di sequenziamento automatico "ACAPELLA".
Tale struttura è inserita in una apparecchiatura più complessa chiamata “ACAPELLA” che riesce a sequenziare 5000 campioni in 8 h. Per purificare, usa particelle magnetiche “Dynal treptavidin” di diametro 2.8 μm che vengono inserite con 2 μl di campione da sequenziare e un buffer opportuno in un capillare.
Dopo che la soluzione è stata mescolata, viene tenuta ferma per 5 min per far completare i legami tra il DNA e le particelle magnetiche e successivamente sottoposta a un campo magnetico per 1 min. Con i capillari ancora nel campo magnetico, viene effettuata la pulizia delle particelle con una soluzione di etanolo e quindi, rimosso il campo magnetico, le particelle si separano dal DNA che è pronto per essere sequenziato.
Il principio descritto può essere usato in dispositivi integrati dove i campi magnetici sono generati da microelettrodi planari integrati in una microcamera, oppure viene usato un campo magnetico esterno prodotto da un magnete permanente. La separazione viene effettuata velocemente e quando il campo magnetico è rimosso la demagnetizzazione delle particelle è totale e ovviamente non lascia traccia sul DNA purificato.